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13.10.08

Marta scende dal treno

Marta scende dal treno trascinando con fatica la valigia fino a terra. Si guarda intorno, ma non vede nessuna indicazione. Sente il pavimento caldo attraverso le suole sottili. Prende il manico della valigia e comincia a camminare. Si ode soltanto il rumore delle rotelle contro le lastre bollenti. Vede il capostazione seduto su una panchina accanto alla biglietteria e si avvicina.


- Senta, scusi, può dirmi dove posso comprare una bottiglia d’acqua, per favore?


L’uomo si alza e risponde allegro “Ah, signorì, a quest’ora è tutto chiuso. Le conviene aspettare qui all’ombra. Fa caldo, eh?” Lei da un passo indietro e delusa, risponde “Sì, fa piuttosto caldo. Ascolti, non vorrei rimanere qui, preferirei andare a mangiare qualcosa. Può indicarmi qualche ristorante pulito ed economico, per favore? Lui, pensieroso, si tira all’indietro i capelli grigiastri “Mica è facile, sa. Il buco più vicino è Manu, ma ha solo due tavoli e di solito sono occupati dai pensionati del paese.” Guarda incuriosito ma con rispetto la gonna a tubo ocra appena sopra il ginocchio e la camicia corta, rigata ocra e verde, asimmetrica, con il collo alzato e continua “Non le conviene signorì, la guardarebbero tutti strano, sa, lei è vestita diversa dalle nostre mogli. Se vuole vado io a prenderle un panino e se lo mangia tranquilla tranquilla qui sulla panchina. Che ne dice?” Lei, seria, con gli occhi fissi sul pavimento “No, grazie. Non ci sono altri posti anche se meno vicini?” Lui appoggia la mano sul mento e risponde “Beh, sì. C’è “Rosetta”. Sarà a circa un km, ma quella valigia deve essere pesante. Posso tentare di trovare qualcuno che l’accompagni, se vuole.” Lei scuote la testa “No, grazie. Com’è questo locale?” La voce di Marta comincia a incresparsi, la fame e la stanchezza del viaggio cominciano a pesare. Il capostazione risponde, sempre calmo, trascinando le parole “Uh, Rosetta cucina bene assai” avvicina tre dita alla bocca e li bacia, facendo un gran rumore “ci sono quattro piatti fissi a scelta, cinque tavoli e gli operai del lattificio. Mi sa che se la magnerebbero con gli occhi, scusi la sincerità, ma di belle donne da queste parti se ne vedono poche, sa. Da dove viene?” Jessica riesce a mala pena a trattenere una smorfia di fastidio e soddisfa la curiosità dell’uomo in divisa dicendo il minimo indispensabile “Da Roma. Esiste un posto dove secondo lei potrei sedermi in santa pace?” Lui non può evitare una risata e sedendoci di nuovo risponde divertito “Si, la panchina” Jessica sospira “Volevo dire dove poter riposarmi davanti a un piatto caldo e leggere il mio libro tranquilla con un caffè in mano.” Il paesano diventa serio “Mmm, mi faccia pensare… Forse sì, ma non ci sono mai andato. Più in là di “Rosetta” c’è “Il Ristorante”. Lì vanno gli ispettori quando vengono a visitare le fabbriche. Mi sa però che si fa pagà, non so le conviene.” Lei controbatte veloce “Non si preoccupi. Come posso arrivare?” “Segua questa stradina fino alla seconda curva. Al bivio, giri a sinistra e lo trova subito. Sarà un chilometro e mezzo, è sicura di farcela con la valigia? Lei è molto magra, vuole lasciarmela qui?” Jessica ci pensa un attimo e risponde “La ringrazio molto, ma preferisco portarmela dietro, forse più tardi vengono a prendermi in macchina” Lui è sorpreso “Ah, non è da sola…” Lei cerca di essere amabile “Non del tutto. Grazie dell’informazione. Arrivederci” “Di niente, signorì, “ dice l’uomo quasi con pena e aggiunge “è stato un piacere”.



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